La menzogna, simulacri, adulterazioni e contraffazioni
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Dom, Mag

La menzogna, simulacri, adulterazioni e contraffazioni

Gli annali di Eumeswil 3

Il senso della vita
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Eppure si insegna a sconfigge la menzogna con la sua stessa arma: non dire le bugie o ti crescerà il naso..
Eccoci alla seconda parte dei sunti dell’Annale n.3 prima serie del 2003 su: La menzogna, simulacri, adulterazioni e contraffazioni.

Gli annali di Eumeswil 3
Gli annali di Eumeswil 3

 

Gli Annali si suddividono in 4 sezioni: Interventi articoli di attualità privi di note, proposte saggi con note, scritture un testo di narrativa sul tema di uno scrittore contemporaneo o del passato attinente al tema prescelto e la Jungheriana scritti con note sull’argomento fondante attinente al pensiero e all'opera di Jügher.

Riprenderemo ora da Giovanni Antonucci, storico del teatro e dei mass media, critico militante, producer televisivo ed autore teatrale.

Giovanni Antonucci, Verità e menzogna da Ibsen a Solženicyn

Uno dei maggiori scrittori della seconda metà del Novecento, Alexandr Solženicyn, ha scritto che bisogna "vivere senza menzogna" e lui lo ha fatto, rivelando al mondo nei suoi capolavori, da una Giornata di Ivan Denisovic all’Arcipelago Gulag, le grandi menzogne del secolo passato, prime fra tutte quella del comunismo.

Un secolo prima di lui il problema è stato affrontato da Henrik Ibsen in una serie di capolavori teatrali. Per l’autore norvegese la coscienza morale e l’idea di libertà dell’individuo sono strettamente legati al problema della verità. Contro le menzogne della società solo l’individuo può ristabilire la verità. È quest’ultimo che trovando la verità di se stesso, riesce a trasformare anche la società.

Nel novecento, tutta la letteratura e il teatro appaiono un terreno di lotta fra chi difende i valori della verità, che sono anche i valori della libertà, e chi, in nome dell’ideologia totalitaria, propugna solo la menzogna e la disinformazione.

Ora una scrittura di Nikolaj Vasil'evič Gogol'-Janovskij dal titolo Il ritratto. Nikolaj Vasil'evič Gogol'-Janovskij (Velyki Soročynci, Ucraina 1809 - Mosca 1852) uno dei massimi scrittori dell’Ottocento russo fu autore di stampo particolare, tanto da poter essere definito un "poeta in prosa". Fin dalle prime prime opere (Veglie alla fattoria presso Dikan’ka, in due parti, la prima edita nel 1831, la seconda l’anno successivo, e Mirgorod del 1835) emerge lo straordinario intreccio tra fantastico e reale che caratterizzerà poco più tardi i racconti pietroburghesi, tra cui giova ricordare Il Nevskij Prospekt, Il ritratto, Le memorie di un pazzo, pubblicati nella raccolta Arabeschi del 1835, Il naso e Il calesse del 1836 ed infine Il cappotto del 1843. Questi piccoli gioielli letterari mostrano una realtà nella quale alla scintillante vita cittadina fa da contrapposizione una sorta di presenza inquietante, che esercita una profonda e malevola influenza sui protagonisti. Nella raffigurazione del mondo gogoliana si mostra l'inestricabile nesso che lega la verità e menzogna, mondo ideale e mondo reale, ansia di salvezza e tentazioni del maligno. Questa serie di rapporti si rendono particolarmente evidenti in una commedia come Il revisore, del 1836 (a cui faranno seguito altri testi teatrali: Il matrimonio e I giocatori del 1842) e soprattutto nel capolavoro dello scrittore, Le anime morte, edite nel 1842. L’opera rappresenta una vera e propria discesa nelle maglie più sottili della natura umana, compiuta seguendo le avventure di Cicikov, una figura tra il diabolico e l'umoristico che cerca di convincere vari proprietari a vendergli le anime di contadini defunti, con lo scopo di costruire un piccolo patrimonio. L’infinità gamma di caratteri umani descritti, la vivacità inesauribile della prosa e i suoi continui riflessi poetici, il valore metafisico di una vicenda in cui il protagonista può essere visto come un demonio che caccia le anime, rendono questo testo una tappa fondamentale della letteratura del secolo. Gogol’ condusse vita da artista, caratterizzata da una profonda inquietudine interiore che lo portò a viaggiare molto di frequente in tutta Europa, con una particolare predilezione per la città di Roma, cui dedicò l’ omonimo e celebre racconto.

Nikolàj V. Gogol’, Il ritratto

Le storie di due pittori alle prese con un ritratto diabolico, raffigurante un vecchio usuraio, tracciano percorsi esistenziali opposti per esito, ma accomunati dal tema del rapporto dell’uomo con l’arte. Il primo artista cede alla tentazione e naufraga nel baratro del successo materiale, latore di invidia e di follia. Il secondo, autore del quadro, sentendosi preda dell’energia diabolica, decide di entrare in un monastero per redimere la propria vita e tornare degno del proprio ruolo di artista. Le due versioni del racconto testimoniano il processo di approfondimento del tema; la seconda redazione, infatti, grazie ad una maggiore cura per l’equilibrio della struttura e per l’armonia dei passaggi narrativi, offre una configurazione emotivamente più intensa e culturalmente più avvisata, del rischio incombente su ogni uomo, e sull’artista in particolare, di vedere finire la propria integrità spirituale nelle forze demoniache.

Per la sezione Jungheriana invece Gianni Vannoni, ha svolto attività pubblicistica e didattica sia in Italia che all’estero. Esponente della sensibilità postmoderna e scrittore anticonformista.
Gianni Vannoni, L’anarca e l’anarchico

L’Anarch, figura spesso equivocata dai critici con quella dell’anarchico, è delineato da Ernst Jünger nei tratti di Martin Venator in Eumeswil e dell’ispettore Dobrowsky in Un incontro pericoloso. L’anarca è colui che interpreta il suo ruolo nella società come un attore la sua parte in teatro, mantenendo la consapevolezza della finzione in atto. Ma accanto all’anarca, anche l’Arbeiter, il "milite del lavoro" che intende agire nella società e il Waldgänger, colui che "passa al bosco", che si eclissa da un contesto sociale divenuto ostile, sono da annoverare come figure delineate dal maestro di Wilflingen per descrivere tre tipi possibili di approccio alla realtà sociale. La triade indica un preciso percorso, una "via", la "via del guerriero", che raggiunge il culmine dell’anarca. Disposti sull’asse cronologico della loro apparizione nell’opera di Jünger, l'Arbeiter, Il Waldgänger, e l’Anarch, rappresentano tre fasi della vita e costituiscono le tappe di un cammino interdetto all’arrampicatore sociale e al camaleonte politico, perché indirizzato verso regioni dall’aria troppo pura, dove non potrebbero sopravvivere.

Pierandrea Amato, ha studiato nel corso degli anni alle Università di Napoli, Messina, Heidelberg, Berlino e Amiens. Tral'altro è stato borsista annuale all'Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli. Ha scritto saggi sul pensiero di Nietzsche e Michelstaedter. Attualmente insegna Estetica a Messina.

Pierandrea Amato, Menzogna e verità della guerra

La prima guerra mondiale è il nucleo tematico - concettuale del pensiero di Jünger. La sua esperienza al fronte rivela, come i suoi celeberrimi diari di guerra testimoniano, la novità epocale del primo conflitto tecnologico della storia: vi si impone il dominio della tecnica moderna e perciò il nulla, attraverso un modo di morire anonimo, comincia ad attanagliare fisicamente il mondo. Attraverso l’utilizzo della poco nota pubblicistica jungeriana tra le due guerre mondiali si verifica la genesi e il senso radicale di Der Arbeiter, il capolavoro di Jünger del 1932. Si analizza, in sostanza, l'intreccio tra la guerra, il lavoro, la tecnica e la morte il cui fulcro simbolico è il milite ignoto, il Nessuno che emerge nelle trincee della guerra di posizione sulle spoglie dell’individuo borghese.

Alla luce dell’esperienza metafisica della grande guerra, si valuta il secondo conflitto mondiale come l’evento del trionfo del nichilismo, in cui al singolo non rimane che avviarsi al bosco, in altri termini, decidersi per la resistenza interiore, cioè, nel caso specifico di Jünger, scrivere un diario in cui si prendono le distanze dalla carneficina dell’estrazione.

A noi del mondo di Eumeswil non resta che il compito di ricordare che ciò che stiamo vivendo non è altro che l’eterno ripetersi di ciò che incessantemente ricorre dall’inizio del mondo in maniera sempre più amplificata. Il bosco ieri come oggi può dirsi il luogo di conforto e nel bosco vi è sempre una radura dove i raggi del sole filtrano e a quelli mirare per trovare ristoro e consolazione cercando il centro di noi stessi unico modo per non abbattersi ed essere abbattuti…

E chiudiamo il nostro incontro con Voi cari lettori con un passaggio tratto dal romanzo Eumeswil di Ernst Jünger: "Lo Stato mondiale si è frantumato nelle sue parti, come Boutefeu aveva predetto. Restavano Stati diacochi e città - stato epigonali. Il XIX secolo dell’era cristiana aveva proclamato l’idea guida dell’incremento permanente e per di più qualitativo; il XX secolo parve che l'homo faber lo realizzasse. Poi, dal progresso si enuclearono nuove divergenze, che grosso modo possono definirsi quelle tra economisti ed ecologi. Qui si pensava ancora per categorie storico - mondiali, la per categorie storico - terrestri; da un lato si pensava a ripartire, dall’altro ad amministrare. Affiorarono conflitti tra mondo umano e mondo naturale, cui si aggiunge l’atmosfera apocalittica che suole ripetersi ad ogni svolta di millennio".

"Anche la concentrazione del potere è propria delle età ultime. In tal caso, è stata necessariamente di natura tecnica. Ancora, grosso modo, quindi, nel quadro delle scienze classiche: si potrebbe affermare che da un lato si armano i biologi, dall’altro i fisici. Gli uni premendo contro la griglia organica, gli altri contro la griglia materiale: qui sui geni, la sull’atomo. Il che li ha portati non solo al di sotto delle fondamenta storiche, ma anche delle fondamenta umane - qui alla foresta, la agli inferi".

"Di tutto si dubitava, ma non della scienza. Essa fu la sola ad evolversi in modo imperturbabile e planetario: ha finito col consumare anche lo Stato. Le è riuscito ciò ch’era riservato ai Grandi Titani, che hanno preceduto gli dei, che li hanno anzi creati. Per prendere coscienza di tali mete, ad essa stessé celate, è stata costretta a giungere ad una frontiera ove la morte e la vita offrono una risposta nuova".

Vigo disse: "Martin, non ho mai dubitato che lei preferisca la foresta. Ma so anche che la considera un passaggio, un luogo di transito - non già come Attila una meta, o come Domo una finzione".

"Ma poi, che cosa sono le finzioni? In ciascuna delle nostre grandi svolte si realizza un sogno. Lei come storico lo sa. Noi non naufraghiamo contro i nostri sogni, ma contro la nostra incapacità di sognare con la forza sufficiente".

Leggi anche: Associazione Eumeswil


 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

 

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